L’uva passa

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I grappoli migliori di trebbiano spoletino…

Foto di Giampaolo Filippucci, Tiziana Ravagli

Foto di Giampaolo Filippucci, Tiziana Ravagli

erano appoggiati, uno accanto all’altro, su dei graticci, “le seccaiole”, realizzati intrecciando vimini o su delle tavole di legno, quindi si mettevano nel forno appena caldo ad asciugare.
L’operazione veniva ripetuta più volte fin quando, nel giro di qualche giorno, l’uva non era completamente asciutta.
Si conservava quindi in sacchetti di cotone o in ceste di vimini, con l’aggiunta di qualche foglia di alloro o di menta, i quali avevano la funzione di facilitarne la conservazione, allontanando eventuali parassiti.
Era anche utilizzata nella preparazione di dolci (in particolare per la “‘ntorta o rocciata”) oppure per la tradizionale “pizza sotto lu focu della Venuta” cucinata il 9 dicembre, giorno in cui, secondo la tradizione cattolica, è avvenuta la traslazione della santa Casa di Loreto dalla Terra Santa.

Insieme ai fichi secchi, era un’ambita ricompensa da offrire ai bambini per i loro piccoli servigi o, magari, quando tornavano da scuola con un bel voto!

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