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(Helleborus sp. L.), della famiglia delle Ranuncolacee

 

Helleborus foetidus L., elleboro fetido. Si presenta con infiorescenze di fiori penduli verdastri, con petali rossastri in punta. Quando è ancora il gelo a farla da padrone con promesse di neve o la persistente presenza di venti freddi di tramontana, l’elleboro resta chiuso in se stesso, mantenendo i suoi boccioli stretti nella propria essenza globosa. In primavera l'infiorescenza si apre e con il suo colore verde chiaro spicca tra il verde scuro del fogliame basale la cui nascita risale alla primavera precedente.

 

Tutti gli ellebori (piante del genere Helleborus tra cui ricordiamo anche l’elleboro verde Helleborus viridis L., frequente nei boschi misti e nelle faggete) sono velenosi perché contengono dei glicosidi, tra i quali citiamo l'elleborina, la cui azione danneggia gravemente il muscolo cardiaco (similmente alle digitali). Nell’elleboro verde sono presenti anche degli alcaloidi. Altra sostanza tossica presente negli ellebori è lo steroide saponigenina. Sono noti casi di avvelenamento di bambini per ingestione di semi di elleboro.

 

Vale la pena ricordare che il termine generico Helleborus deriva dal greco e significa “cibo mortale”, a rammentare la pericolosità di queste piante. L’essiccazione non riduce la tossicità della pianta per cui il fieno contenente gli ellebori è velenoso. Sapore ed odore degli ellebori dovrebbero dissuadere chiunque dalla appetibilità delle piante di questo genere, tuttavia, soprattutto con i bambini è bene non abbassare mai la guardia.